Il dolore richiede rispetto e silenzio.
Ho pensato molto se scrivere qualcosa sulla vicenda di Giulia.
Giulia nel 2023 è la 105a vittima di femminicidio in Italia*. Avete compreso bene: sono 105 le donne ammazzate finora nel 2023 in Italia. Banalizzando, calendario alla mano, circa una ogni tre giorni. Ma Giulia, Jessica, Daniela, Angela, Sofia non sono valori statistici, sono donne e sono vittime. Vittime di chi diceva di amarle, ancor più della vita. Con vita intendo la loro, non quella dei carnefici, sempre quella delle donne.
E’ difficile essere donne in questi tempi. Il peso del giudizio altrui e delle aspettative della società è schiacciante ed è riassunto benissimo dal monologo di America Ferrera in Barbie. Che si conclude con il magistrale: E poi si scopre che non solo stai sbagliando tutto, ma che è anche colpa tua
Già perchè qualsiasi cosa faccia una donna, ella sbaglia. E qui si arriva al nocciolo: perchè spesso dietro ad un femminicidio c’è una donna che ha provocato, una che ha reagito, una che non ha saputo denunciare, oppure che ha denunciato troppo tardi, fino al penoso “una scema che ha accettato l’ultimo incontro”. Superato solo dal “un tale comportamento del compagno verso la ex è originato da un rapporto simbiotico (o morboso dipende dai giornalisti) con la madre”.
La scelta delle parole, la narrazione sono importanti. Finché il ritornello non cambia, non cambia nemmeno la musica. E’ per questo che se il dolore richiede silenzio, la violenza richiede spiegazioni.
Spiegare ai figli maschi, che non è loro tutto dovuto, il valore del NO, il confine tra i propri diritti e i doveri verso gli altri, il rispetto sempre e comunque dei desideri altrui, della libertà altrui e dei confini segnati dall’altra persona, l’importanza del consenso e della condivisione. Ma soprattutto insegnare loro che a volte voler bene vuol dire lasciare andare, dire basta.
Quel basta che dobbiamo insegnare alle figlie. Basta quando vieni sminuita, data per scontata, quando vieni zittita, o controllata. Quando vieni limitata anche nelle piccole cose, come la scelta dei vestiti. Alle figlie spiegare che non esiste un ultimo appuntamento, un ultimo chiarimento. Perché spesso quell’ultimo incontro è proprio l’ultima cosa che fanno.
Invece, ho la certezza che Giulia non sarà l’ultima, ne verranno altre, ma spero saranno sempre meno, perchè educare ai sentimenti, è un percorso lungo e difficile, ma porterà i suoi frutti.
L’altro giorno un collega mi ha chiesto “se nella vita ho mai fatto qualcosa di importante per cui sarò degna di essere ricordata”. Era una domanda provocatoria, tesa al banalizzare la mia esistenza assolutamente normale. Di riflesso ho risposto no, non ho inventato la penicillina, non ho mandato satelliti nello spazio e non ho scritto un libro di cui le prossime generazioni citeranno passi a memoria, però sto dando il massimo per educare tre brave persone, che magari non saranno geni o scienziati, ma che saranno rispettosi del prossimo e, chissà, forse sapranno aiutare nel momento del bisogno sia le Giulia, sia i Filippo che incontreranno.
Due gigantesche scarpe rosse con tacchi a spillo costrette all’interno di una gabbia: l’installazione che la scultrice Anna Izzo ha donato alla Città di Capri
*L’articolo risalale al 20/11/23. ad oggi 25/11/23 le vittime sono aumentate. per saperne di più: ISTAT